Come è possibile identificare l’alterazione del metabolismo proteico nei pazienti anziani e/o con patologie croniche? Ecco alcuni semplici suggerimenti pratici
È ormai noto che il metabolismo proteico è marcatamente alterato nei soggetti anziani e/o nei pazienti affetti da patologie croniche quali scompenso cardiaco, bronchite cronica, insufficienza renale, diabete, ecc.
Il metabolismo proteico è compromesso in questi pazienti per diverse cause. Vediamole.
È possibile che l’alimentazione di tali soggetti non sia abbastanza ricca di proteine o che la digestione e l’assorbimento dei nutrienti introdotti con il cibo non sia efficace. Di recente è stata formulata anche un’altra ipotesi che sta acquistando sempre più consensi nel mondo medico: la presenza nei soggetti anziani sani e nei pazienti affetti da patologie croniche, di una particolare condizione definita Sindrome Ipercatabolica (SI) caratterizzata da una condizione di infiammazione di basso grado costantemente presente dovuta all’incremento di specifiche molecole circolanti quali le interleuchine (Tumor Necrosis Factor, ecc.) ed ormoni dotati di attività catabolica (demolitiva) nei confronti delle proteine. Questo avviene perché le proteine sono formate da amino acidi (AA) le quali sono molecole biochimiche totipotenti poiché possono essere trasformate in tutti gli altri macronutrienti (glucosio e lipidi) o direttamente in energia.
Dal punto di vista clinico, le alterazioni del metabolismo proteico, detto anche dismetabolismo proteico, si manifestano con riduzione della masse muscolari, definita sarcopenia, o con la riduzione della proteine globulari presenti nel sangue quali l’albumina e/o l’emoglobina.
Di fatto, le proteine non sono solo da considerarsi fondamentali per il movimento muscolare o per le reazioni enzimatiche. Esse sono dei serbatoi di molecole (gli AA) che possono supportare le richieste metaboliche aumentate dell’individuo in condizioni di necessità quali la SI.
Il dismetabolismo proteico (DP) è più frequente di quanto si possa pensare.
Studi epidemiologici hanno dimostrato che il DP è presente nel 45% dei soggetti ospedalizzati per diverse ragioni con età maggiore di 65 anni e che esso correla con il peggioramento della prognosi indipendentemente dalla gravità della malattia di base.
Nonostante queste osservazioni scientifiche il DP non è quasi mai preso in considerazione nella valutazione medica globale.
Vediamo di dare alcuni consigli pratici di come identificare la presenza di DP nei nostri pazienti per curarli al meglio in modo integrato.
Le prime valutazioni da eseguire sono le valutazioni antropometriche le quali consentono di identificare e quantificare la massa muscolare (detta anche magra) dell’individuo.
La quantificazione della massa magra può essere eseguita con metodiche sofisticate quali la DEXA, che utilizza raggi X, o l’impedenziometria. Questa ultima non utilizza Raggi X (quindi è meno pericolosa!) ma si basa sul dato fisico che l’acqua è un buon conduttore di corrente elettrica, mentre il grasso è un isolante quasi perfetto. Poiché la massa magra corporea è costituita prevalentemente da acqua, determinando il contenuto di acqua nell’organismo, è possibile risalire facilmente al contenuto di massa magra e massa grassa.
Esistono poi metodiche più semplici, ma anche meno precise, quali il calcolo dell’area del muscolo bicipite mediante metro da sarta e plicometro.
Una valutazione globale del metabolismo proteico deve però considerare la valutazione delle proteine globulari circolanti.
Tra queste la più importate e semplice da valutare (basta un semplice prelievo ematico!) ma utile per la valutazione del metabolismo proteico è l’albumina. Concentrazioni maggiori di 3.5 g/dl sono considerate normali mentre valori minori di 3.2 g/dl indicano una marcata accentuazione della demolizione proteica e correlano direttamente con la morbilità e la mortalità del paziente.
In conclusione, possiamo dire che identificare il dismetabolismo proteico è relativamente semplice. Impostare una strategia terapeutica dedicata al mantenimento di un adeguato metabolismo proteico è possibile, e sicuramente utile, per curare al meglio in modo integrato i nostri pazienti
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